Ipsen, una nuova storia nelle malattie epatiche rare

I risultati finanziari 2023 di Ipsen confermano la solidità dell’azienda: +3,4% delle vendite globali e +2% del margine operativo rispetto al 2022. Una crescita possibile anche grazie all’espansione della pipeline e alle recenti acquisizioni che hanno consentito all’azienda di focalizzarsi sull’area delle malattie rare.

» Con il completamento dell’acquisizione di Albireo avviata nel 2023 – uno dei principali leader nello sviluppo dei modulatori degli acidi biliari per il trattamento delle malattie epatiche colestatiche pediatriche e adulte – Ipsen entra nel mondo nelle malattie rare con odevixibat, il primo trattamento approvato contro la colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC).

» La PFIC è uno spettro di malattie genetiche che causa gravi alterazioni nel trasporto della bile con conseguente danno a carico delle cellule epatiche e dei dotti biliari intraepatici. L’incidenza globale stimata della PFIC è di 1 su 50.000-100.000 persone in tutto il mondo e si stima che in Italia centinaia di pazienti (adulti e bambini) convivano con questa patologia rara.

Milano, 28 Febbraio 2024 – Un’azienda in ottima salute che anno dopo anno rinnova e amplia il suo impegno per portare soluzioni terapeutiche efficaci, in grado di fare davvero la differenza in oncologia, neuroscienze e adesso anche nelle malattie rare. I risultati finanziari del 2023 lo dimostrano: Ipsen ha registrato un incremento delle vendite globali pari al 3,4% rispetto all’anno precedente, con un margine operativo del 26,1% (+2% vs 2022). Una crescita supportata dagli asset storici dell’azienda, dai nuovi farmaci, dall’espansione della pipeline e dall’accelerazione degli investimenti in Ricerca e Sviluppo, soprattutto grazie alle recenti acquisizioni focalizzate nell’area delle malattie rare.

I solidi risultati del 2023 rappresentano un’eccellente base per Ipsen nel 2024, un periodo entusiasmante in cui prevediamo a livello mondiale quattro lanci di terapie innovative e altre nuove opportunità di ampliamento della pipeline, grazie alla strategia di innovazione esterna a supporto delle nostre tre aree terapeutiche”, ha commentato David Loew, Chief Executive Officer di Ipsen in occasione della presentazione dei risultati finanziari del 2023.

Forte dell’esperienza e delle competenze acquisite nel corso di decenni, Ipsen lavora costantemente per migliorare le condizioni delle persone con malattie complesse e limitate opzioni terapeutiche in oncologia, nelle neuroscienze e nelle malattie rare. Quest’ultima, un’area su cui l’azienda ha deciso di investire, guidata dalla volontà di “esserci” per le persone che ogni giorno devono convivere con patologie che non hanno ancora soluzioni terapeutiche efficaci. Nel 2023 infatti, con l’acquisizione di Albireo, uno dei principali leader nello sviluppo dei modulatori degli acidi biliari per il trattamento delle malattie epatiche colestatiche pediatriche e adulte, Ipsen ha portato sul mercato odevixibat, il primo trattamento approvato contro la colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC).

“Ipsen è un’azienda biofarmaceutica da sempre impegnata in ambito oncologico e nelle neuroscienze. Da oggi con odevixibat da un lato, e una pipeline in continua evoluzione dall’altro, segniamo ufficialmente il nostro ingresso nel mondo delle malattie rare – dichiara Patrizia Olivari, Presidente e Amministratore Delegato di Ipsen S.p.A. “La nostra ambizione è portare innovazioni terapeutiche che possano cambiare la storia della malattia; stiamo investendo tempo e risorse nello sviluppo di farmaci che abbiano nuovi meccanismi d’azione, con il potenziale di modificare o rallentare il decorso di una malattia. Siamo orgogliosi di poter affermare ‘Ipsen per le persone con malattie rare. Noi ci siamo – conclude Olivari.

La PFIC non è una semplice malattia rara; è uno spettro di malattie genetiche che causa gravi alterazioni nel trasporto della bile; la ritenzione delle componenti biliari nel fegato determina danno a carico delle cellule epatiche e dei dotti biliari intraepatici e può portare a una malattia epatica allo stadio terminale. L’incidenza globale stimata della PFIC è di 1 su 50.000-100.000 bambini in tutto il mondo e si stima che in Italia vivano centinaia di persone. Chi soffre di PFIC ha un flusso biliare compromesso (o colestasi): il fegato non è in grado di eliminare efficacemente gli acidi biliari che, di conseguenza, si accumulano nelle cellule epatiche e si riversano nel flusso sanguigno. A causa dell’alterato circolo della bile, il cui flusso dal fegato all’intestino tenue è ridotto, i grassi e le vitamine liposolubili vengono assorbiti con difficoltà e per questa ragione i bambini con PFIC possono presentare ritardi nella crescita, problemi nutrizionali e rachitismo.

“Le PFIC sono malattie a carattere progressivo, possono danneggiare il fegato e causare cirrosi epatica. Fino a pochi mesi fa il trapianto rappresentava l’unica opzione terapeutica efficace per il trattamento di queste malattie, ma oggi, con l’arrivo dell’odevixibat, possiamo trattare efficacemente molti bambini” afferma Dott. Angelo Di Giorgio, Vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione pediatrica, SIGENP.

“Inoltre, mutazioni nei geni responsabili delle PFIC, possono essere responsabili di differenti quadri clinici patologici anche nel paziente adulto, specie se presenti in condizione di eterozigosi, ovvero quando solo uno dei due geni malati è ereditato da uno dei genitori: si va dalla colestasi gravidica, ad alcune forme di calcolosi giovanile, al danno epatico acuto e cronico da farmaci, alla predisposizione allo sviluppo di tumori del fegato e delle vie biliari. Mutazioni in questi geni possono anche essere responsabili di una significativa quota di epatiti colestatiche criptogenetiche dell’adulto (ovvero senza una causa definita) nonché essere fattore di rischio di progressione di altre malattie note di fegato come quelle autoimmuni a carico delle vie biliari”, aggiunge il Dott. Giovanni Vitale, dirigente medico presso l’ERN-Rare Liver dell’IRCCS AOU di Bologna e centro di riferimento Regionale dell’Emilia Romagna per le PFIC.

Il sintomo più debilitante della PFIC è il prurito, di cui soffre fino all’80% dei pazienti, che nei casi più gravi può portare a importanti lesioni da grattamento, perdita di sonno, irritabilità, scarsa attenzione e rendimento scolastico ridotto. Una malattia quindi estremamente invalidante con un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche dei loro familiari e caregiver.

“Siamo felici che la ricerca scientifica non si fermi mai, perché la disponibilità di questa terapia non offre solo la possibilità di gestire un sintomo, ma rappresenta un vero e proprio miglioramento della qualità di vita – dichiara Francesca Lombardozzi, Presidente di PFIC Network Italia, associazione fondata nel 2020 per volere di 5 famiglie e che oggi accoglie un numero crescente di membri anche tra i giovani adulti. “L’obiettivo di tutti deve essere quello di allontanare la necessità di un trapianto di fegato, peraltro ad oggi non risolutivo soprattutto per alcuni sottotipi di PFIC” conclude la Presidente.

“Il prurito intenso può sembrare un sintomo banale, ma quando ciò avviene giorno e notte diventa un vero e proprio incubo, difficilissimo da gestire. Questa nuova molecola fornisce un grande sollievo per chi soffre di prurito invalidante ma, anche, una nuova speranza di allontanare lo spettro del trapianto di fegato” afferma Ivan Gardini, Presidente di EpaC ETS.

Odevixibat è una molecola che ha un potenziale interessante in altre malattie rare del fegato, come la Sindrome di Alagille (ALGS) e l’Atresia Biliare (BA), per le quali Ipsen sta portando avanti degli studi clinici.

© Ipsen Group 2024